Le ceramiche faentine raccontano una produzione che ha origine nel Medioevo con la fase “arcaica”, caratterizzata da ceramiche dalle decorazioni in verde e bruno e, più raramente, in blu.

Ad esse segue l’esposizione di opere del Rinascimento, che mostrano tecniche sempre più raffinate, in stile gotico, o che mostrano influssi di derivazione bizantina, araba ed estremo-orientale, in alcuni casi fanno riferimento alla pittura e alle incisioni del Rinascimento. Sono esposte diverse tipologie di oggetti: il vasellame da farmacia, le ceramiche devozionali, il vasellame amatorio, usato in occasione di banchetti nuziali, con i ritratti femminili, il genere “istoriato” con rappresentazioni mitologiche o bibliche.

Sorprendenti per la loro bellezza ed unicità sono le maioliche in stile “berettino” dal caratteristico colore grigio-azzurro (nome derivato probabilmente da un termine dialettale riferito al colore), con decori estremamente elaborati.

Protagonisti sono i “bianchi di Faenza”, maioliche elaborate in uno stile nuovo, caratterizzato dalla predominanza dello smalto bianco, con decorazione sintetica denominata “compendiario”, tracciata con pennellate rapide ed essenziali. Le opere hanno forme sempre più elaborate, spesso declinate in sontuosi servizi da tavola. La fortuna dei “bianchi di Faenza” si protrasse dalla seconda metà del ‘500 per tutto il secolo successivo. Lo stile, imitato da molti centri ceramici italiani, stabilì la sinonimia tra maiolica e “faïence”.

Opere in evidenza

  • Boccale – leggenda Aristotele e Fillide

  • Piatto Iulia Bella

  • Calamaio – Il giudizio di Paride

  • Coppa – Il sacrificio di Marco Curzio

  • Albarello

  • Coppia di mete (trionfi) e piatto a traforo

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